![immagne A. Ferrario](https://www.digitalfoodecosystem.it/wp-content/uploads/2021/10/Alessandro_Ferrario.jpeg)
nov 11
Il birrificio agricolo Baladin nasce nel 1996 come espressione del pensiero del suo fondatore, Teo Musso. Da subito il focus è la creazione di una birra artigianale, di qualità, non pastorizzata che ricerchi equilibrio tra profumi e sapori con l’intenzione di proporsi come perfetto abbinamento al cibo. La volontà di voler proporre un prodotto 100% italiano fa di Baladin un precursore nel sostegno dello sviluppo della filiera agricola nazionale per la produzione di birra artigianale. Le tecnologie assumono il ruolo di supporto dell’attività del mastro birraio efficientando tempi e controllo dei i processi, nel rispetto della materia prima, della qualità del prodotto e riducendo l’impatto ambientale.
Abbiamo il piacere di parlare di "La filiera agroalimentare quale abilitatore della sostenibilità" con:
Fabio Mozzone:
È stato fondamentale proprio perché l’intelligenza di chi ha guidato questa impresa è stata anche quella di guardarsi attorno e in realtà poi in qualche maniera anche Alessandro nella sua presentazione parlando di territorio, parlando di food valley lo ha sostenuto. Innanzitutto voglio sfatare un mito che tanto si sente dire: non c’è competizione tra vino e birra, sono due immensi prodotti della terra che possono coesistere e devono farlo e anzi sono tanti i produttori di vino che bevono la nostra birra e noi non disdegniamo di fare altrettanto. È stato assolutamente importante anche da un punto di vista – per quanto mi compete – legato alla comunicazione perché il tema nuova dignità ad un prodotto, nel nostro caso la birra, è passato anche attraverso tutta una serie di azioni legate ad esempio al packaging o all’etichettatura, che in qualche maniera ci sono state suggerite dai nostri vicini di casa delle Langhe. Quindi sì, è stato fondamentale essere a fianco dei grandi produttori di vino, siamo anche fortunati perché viviamo in una terra splendida e abbiamo dei vicini di casa che sono assolutamente disposti al confronto e non alla lotta di prodotto.
Alessandro Ferrario:
La verità è che noi abbiamo delle persone che hanno delle conoscenze tali da poter adattare il processo in funzione del risultato finale che ci si attende da quel lotto di prodotto. Un po’ quello che diceva poco fa anche Davide e quindi la capacità di gestire in maniera flessibile il processo produttivo valutando diversi parametri chimici, fisici e microbiologici e i parametri di processo. Quindi questa interazione tra prodotto e processo in maniera tale da arrivare al risultato desiderato senza distruggere la microbiologia e l’eccellenza del prodotto.
Noi facciamo le nostre madri di lieviti che abbiamo cercato in giro per il mondo e che propaghiamo all’interno del nostro birrificio e non è detto che tutti i lotti abbiano la stessa attività dei lieviti. Addirittura un certo punto Teo Musso aveva provato ad applicare la musica perché diciamo davamo degli input musicali con sostanzialmente dei sistemi di alta fedeltà a dei batch di fermentatori per vedere se i lieviti, che sono vivi, gradivano o meno un certo tipo di musica e se diventavano più attivi reagendo a questo tipo di stimolo.
È molto diverso dal processo industriale che invece impone delle condizioni standard anche in maniera violenta perché pastorizzare un prodotto dopo tre giorni vuol dire che in quei tre giorni tu devi aver fatto tutto al massimo della velocità, che non è detto che corrisponde alla qualità e dopo tre giorni hai un prodotto che è stabile ma è morto. È più semplice imporre dei limiti chimico-fisici in un processo industriale che assistere la natura nel realizzare un prodotto eccellente e mantenerlo tale. Quindi non aspettiamoci grandissime variazioni ma all’interno di quel canale noi avremo un prodotto vivo dove potenzialmente veramente ogni bottiglia di Isaac potrebbe essere diversa dall’altra.
Davide Bardone:
È un processo di osservazione di esempi nel tempo, quindi più esempi ha modo di osservare e più si fa un’idea precisa di cosa sta succedendo e poi la sua attività principale è quella di trovare – al di là dei dettagli poi matematici che vengono utilizzate – queste relazioni che esistono tra i dati che vengono salvati e altri dati di interesse e piano piano andare a costruire un’associazione che può essere ad esempio probabilistica o più deterministica e riutilizzare poi queste associazioni per prendere delle azioni esattamente come facciamo noi. Nello stesso modo proprio come facciamo noi più esempi ha a disposizione e più è in grado eventualmente di accorgersi di: ah, quella volta ho visto questa cosa ma quella l’ho vista solo una volta quindi posso dimenticarla…quello era un caso speciale che non mi serve per agire nei casi più di generici e quindi sostanzialmente si può dire che è molto simile a come funziona la nostra mente.
Alessandro Ferrario:
Sicuramente come ti dicevo prima il nostro prodotto nasce dal rispetto della natura che noi vogliamo valorizzare. Nei processi intermedi cerchiamo tutte quelle ottimizzazioni che nel rispetto della natura cercano di valorizzare quello che magari è concepito come uno scarto. Ti faccio un esempio: durante la cotta della birra (immaginate un grande pentolone con dentro dei cereali delle spezie) a un certo punto viene separato il mosto che va nel processo di fermentazione e rimane una parte di cereali cotti che vengono filtrati allontanati. Questa parte tradizionalmente viene scartata, l’impiego migliore che se ne fa è nell’alimentazione animale, ma non tutti riescono a trovare questa strada. Potrebbero finire negli impianti di biogas o vengono addirittura buttati via e in realtà hanno un contenuto importante di fibre, di pochi zuccheri perché la maggior parte dei carboidrati sono andati col mosto, però hanno diverse qualità organolettiche. Noi recuperiamo questo materiale che si chiama trebbie o comunque questi cereali esausti dopo la cottura che mantengono ancora dei principi nutrizionali. Stiamo brevettando dei processi insieme a delle altre aziende che avevano già un know-how in questo senso per estrarre ad esempio i beta glucani che sono delle fibre dell’orzo che aiutano a combattere il colesterolo piuttosto che questi arabinoxilani che riducono il picco glicemico e quindi ci permettono di fare dei prodotti non solo nel nostro campo, ma di fornire poi delle materie prime seconde a dei terzi. Ci sono diversi esempi anche divertenti: c’è un birrificio a Denver in Colorado che le sue acque reflue noi li depuriamo tutte e poi li re-immettiamo nel canale irriguo agricolo che serve il territorio circostante. Quindi noi riutilizziamo il 100% delle acque che utilizziamo in produzione non va nella fogna, non va sprecato torna nel circuito agricolo. Questo birrificio di Denver ha le acque talmente ricche di carboidrati che le dà alla città di Denver, le conferisce nel proprio depuratore delle acque urbane che è ricco invece di scarti azotati e il Comune di Denver paga lo scarto del birrificio perché la combinazione di azoto e di carbonio fa funzionare meglio il depuratore. Quindi a volte riesce addirittura a ribaltare il concetto che è una cosa che è negativa, vista negativamente, di per sé può diventare positiva se combinata con altri processi.
Digital Food Ecosystem è una partnership guidata da aizoOn in collaborazione con imprese partner di tecnologia, università e centri di ricerca che offre al comparto Agrifood soluzioni che rispondono alle sfide ed ai bisogni puntuali delle aziende in relazione agli ambiti:
La capacità di proposta di DFE nasce dall’esperienza e dai risultati ottenuti nell’ambito del programma di ricerca Food Digital Monitoring (FDM).
DFE è un ecosistema che mette a disposizione della filiera agroalimentare una specifica e distintiva capacità di innovazione digitale, completa per approccio, metodi, strumenti e tecnologie.