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Difesa sostenibile delle colture e sicurezza del prodotto.

giovedì 14 Ottobre 2021 Ore 8:45 am - 9:45 am

La sicurezza alimentare passa dalla difesa sostenibile delle colture.

Le produzioni agroalimentari devono garantire un basso livello di residui di agrofarmaci, ottenibile con un approccio sostenibile alla difesa delle colture.

Per assicurare elevati standard di sicurezza degli alimenti occorre evitare la presenza di contaminanti chimici e biologici, tra cui le micotossine, con pratiche di prevenzione e di contenimento. Ne parliamo con:

Relatori

Abbiamo il piacere di parlare di Difesa sostenibile delle colture e sicurezza del prodotto con:

immagne Gullino
Prof. Gullino UNITO, AgroInnova
immagne Spadaro
Prof. Spadaro UNITO, AgroInnova
Argomenti trattati
  • Contaminazione da agrofarmaci e micotossine
  • Quadri normativi in ambito food health
  • Analisi di alcuni casi studio
Digital Food Questions
1. L'adozione del nuovo approccio Circular Health ha già delle esperienze significative, quindi è già maturo da un certo punto di vista?

Maria Lodovica Gullino:

Circular Health è l’evoluzione del concetto di One Health o Global Health che era stato sviluppato già parecchio da alcuni anni. L’ Europa su questo tema è parecchio indietro, soprattutto l’Italia. In Europa l’unico Paese che ha veramente sviluppato in modo completo questo concetto è l’Olanda con il concetto di One Health. Cosa si cercava di fare? Si cercava di cominciare a mettere insieme la salute dell’uomo e la salute degli animali. Le piante sono sempre state un po’ i parenti poveri di questo sistema così come i fitopatologi sono i parenti poveri rispetto ai veterinari e ai medici. Il Covid ha dato certamente una fortissima spinta perché ha portato alla luce moltissime criticità del sistema, ha portato alla luce l’importanza delle piante, l’importanza dell’agricoltura, che ha continuato funzionare mentre il mondo si fermava e ha permesso di mettere molto più in relazione come dalla salute delle piante e dell’ambiente dipenda la salute poi di chi i prodotti li consuma: gli animali, i mangimi e l’uomo. La fortissima spinta alla salute circolare viene da una ricercatrice italiana che opera in Florida e che dirige proprio un centro di eccellenza sulla salute circolare. Cosa aiuta molto? Una forte spinta viene data dall’intelligenza artificiale, perché l’intelligenza artificiale ci permette di esaminare, mettere insieme molti più dati e analizzarli in maniera critica. Io credo che nei prossimi anni si vedranno i risultati di questo approccio che deve però fare superare le barriere anche ai ricercatori perché molto spesso c’erano barriere poste. La Commissione Europea provava a mettere su dei bandi che mettessero insieme le tecniche diagnostiche valide in medicina veterinaria, in patologia vegetale e poi i bandi uscivano separati perché ognuno di noi ama restare nella Comfort Zone dove si trova bene. Ci vogliono dei superamenti di barriere non solo da parte dei patogeni, ma anche da parte di noi ricercatori.

2. Abbiamo visto che l'Italia è uno dei paesi più virtuosi sul controllo delle contaminazioni mentre altri paesi extraeuropei non sono altrettanto attenti e sono un pochino più indietro. Riesce a spiegarci meglio come avvengono i controlli e che cosa facciamo, cosa viene fatto per garantire la salute del consumatore?

Davide Spadaro:

Sì, possiamo dire che i controlli sono fatti e sono effettuati a campione.
Una domanda che potrebbe nascere: ma perché non si controlla tutto tutta la produzione? Si tratta principalmente di un problema che riguarda i costi delle analisi perché l’analisi di un campione di un agrofarmaco costa da 150 a 200 euro, costo che non si può riversare poi sul prodotto finale. Poi riguarda i tempi, perché un costo di un’analisi ha bisogno di due o tre giorni. Quindi non è possibile verificare tutto quello che noi consumiamo. Chiaro che però il controllo a campione effettuato da autorità preposte come il Ministero della Salute nel caso italiano, effettuato dalle catene di distribuzione alimentare e anche su base volontaria dei produttori, garantisce in determinati punti della filiera di verificare se effettivamente si stanno seguendo delle buone pratiche sia per quanto riguarda i trattamenti effettuati in campo, che poi durante la lavorazione degli alimenti. Come abbiamo detto l’Italia è tra i paesi più virtuosi, di questo bisogna ringraziare prima di tutto il primo anello della filiera (gli agricoltori) perché questo significa che in Italia vengono maggiormente seguite le normative che ci sono, stabilite e comuni nella maggior parte dei paesi europei. Abbiamo dei laboratori di analisi accreditati, dei metodi di analisi che sono validati, limiti massimi stabiliti a livello di Unione Europea e poi molte direttive. Abbiamo il Piano di Azione Nazionale, abbiamo diversi regolamenti sia su base europea nazionale e regionale che portano una riduzione dell’impiego degli agrofarmaci. L’ultima cosa che mi viene da dire è che fuori dall’Unione Europea non siamo così tutelati perché ci sono più agrofarmaci ammessi, molecole che da noi non sono utilizzate da anni, i limiti massimi a volte non ci sono o sono meno restrittivi, ci sono meno controlli e sono meno implementate le strategie di difesa a basso impatto ambientale.

3. Qualità e quantità degli alimenti sembrano essere concetti un po' in antitesi da un certo punto di vista. Come facciamo, quali sono le azioni che possiamo intraprendere e i giusti approcci per riuscire a garantire che ci sia cibo di qualità nella quantità disponibile a soddisfare tutti, sia gli esseri umani che gli animali?

Maria Lodovica Gullino:

Qualità e quantità non sono concetti in contrapposizione. Noi dobbiamo dire molto forte così come ha messo bene in evidenza Spadaro che le produzioni nostre italiane sono di assoluta qualità e dobbiamo esserne fieri mentre tendenzialmente come italiani ci facciamo sempre del male. Siamo meglio dei francesi, siamo meglio dei tedeschi, una volta tanto diciamocelo. Con altrettanta convinzione dobbiamo dire che è necessario produrre ancora di più, aumentare le produzioni. Non è assolutamente vero quello che vanno dicendo alcuni: che le produzioni sono sufficienti: non è vero bisogna aumentare. Il compito della ricerca è proprio quello di aiutare gli agricoltori a produrre di più, aumentare le rese in maniera sostenibile, e questo va fatto per sfamare tutti quanti. Abbiamo sottolineato prima quei settori particolari di nicchia, ma noi dobbiamo avere un’agricoltura sicura e di qualità su larga scala e questo è fattibile, è fattibile investendo molto in ricerca. Certamente il nostro paese è un paese che in questo ambito si difende bene perché noi abbiamo sempre avuto tecniche di produzione integrata, un grosso controllo, un grosso lavoro di assistenza tecnica. Piuttosto il nostro ministero delle Politiche Agricole più che impegnarsi tanto a sostenere forme di agricoltura marginali dovrebbe rimettere in campo un buon sistema di assistenza tecnica, assistenza tecnica e tecnici che vanno in campo, non tecnici che stanno alla scrivania dietro a un computer a lavorare alle pratiche, bravi tecnici in campo ad aiutare gli agricoltori a usare metodi innovativi.

4. Molti spunti sono già emersi nel corso delle vostre presentazioni, ma possiamo fare un piccolo riepilogo delle attenzioni che dobbiamo tenere per riuscire ad avere un consumo e una corretta conservazione del cibo e degli alimenti?

Davide Spadaro:

Sì, bisogna avere una particolare attenzione per i cereali, la frutta secca e le spezie che consumiamo. Questi sono i tre prodotti a maggiore rischio. In questo caso come scritto in etichetta conservarli in luoghi freschi e asciutti perché le elevate temperature e l’umidità sono i due fattori che possono favorire lo sviluppo delle muffe. Per quanto riguarda la frutta fresca, nel caso osservassimo dei piccoli marciumi è possibile eliminare la parte colpita e il resto del frutto può essere ancora consumato. Poi mi viene da ribadire ancora una volta questo ultimo concetto: preferire prodotti europei rispetto a quelli extraeuropei, italiani anche rispetto agli altri paesi europei e se vogliamo prodotti di marca o che comunque hanno la private label delle catene di distribuzione perché le catene di distribuzione effettuano molti più controlli. Chiaramente prodotti sottomarca sono meno controllati anche per ridurre i costi.

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